LINEE GUIDA UTILI A UN ADEGUATO APPROCCIO AL TEMA DELLA DISABILITÀ

L’approccio “people first” tende a evitare di definire una persona a partire dalla sua disabilità. Nella maggior parte dei casi, questo linguaggio posiziona il riferimento alla disabilità dopo un riferimento alla persona, come nel caso di “persona con disabilità.

Ecco qui una guida utile su come comportarci davanti ad una persona con disabilità:

1

Chiedere sempre alla persona con disabilità di esprimere il suo personale punto di vista sui fatti, anche quando questi siano rappresentati da persone terze (es. genitore o altro familiare) e cogliere sempre la sua volontà rispetto al modo in cui preferisce essere rappresentata, anche rispetto all’indicazione specifica di riferimenti alla propria condizione di salute. Se la persona interessata necessita di supporto nel decodificare eventuali richieste o a manifestare la propria volontà è consigliabile chiedere aiuto ai familiari o ad altre persone a lei vicine.

2

Citare la condizione di disabilità di una persona solo quando è effettivamente rilevante per la narrazione dei fatti e, ove sia citata, utilizzare comunque un corretto linguaggio che ponga sempre in primo piano la persona, es. “persona con sindrome di Down”, “persona
con disturbo dello spettro autistico”, “persona con disabilità motoria”, “persona non udente”, “persona priva della vista”.

3

Evitare neologismi quali “diversamente abile”, “diversabile”, “disabile”, “persona affetta da disabilità”, “persona con handicap” e altri vocaboli similari sostituendoli sempre con la locuzione “persona con disabilità”.
Anche il termine “handicap” deve essere sostituito dalla parola “disabilità”.
Nel caso in cui si rendesse necessario riproporre una citazione diretta di un testo normativo o altro che riporti termini diversi da quelli sopra descritti, sarebbe opportuno virgolettare il termine e, ove possibile, indicarne il motivo riportandone la corretta nuova definizione.

4

Se nella citazione diretta è presente un termine dispregiativo o inappropriato (es. si pone l’accento sulla malattia, si utilizza un termine connotato negativamente etc.), è opportuno non riportarlo. Ove fosse necessario riportarlo, per qualsiasi ragione, sarà necessario specificarne
la motivazione e proporre in alternativa il termine corretto. Ad esempio se occorre riportare il termine “mongoloide”, specificare che tale termine rappresenta la disabilità in modo dispregiativo e non è utilizzabile, mentre la corretta definizione è “persona con sindrome di Down”.

5

Quando si necessita di un supporto o si hanno dubbi su aspetti di carattere generale è possibile chiedere l’aiuto alle federazioni o alle organizzazioni che rappresentano le persone con disabilità o rivolgersi direttamente all’Osservatorio Nazionale sulle Condizioni delle Persone con Disabilità in Italia.

6

Vanno evitate sia le narrazioni che vedono la persona con disabilità descritta come “vittima” sia come “eroe” (va dunque evitato in ogni caso il sensazionalismo). Allo stesso modo, evitare di utilizzare eccessivamente come “esempi” storie di atleti paralimpici o comunque di soggetti che rientrano in una casistica di “successo” estremamente limitata. La cosa migliore rimane raccontare la “normalità” dell’individuo, della sua vita, del suo contesto.

7

Evitare di modificare forzatamente il discorso quando si parla con una persona con disabilità, o quando questa è presente, in quanto sarebbe discriminatorio. È importante agire in modo naturale utilizzando anche espressioni di uso comune come “ci vediamo dopo” o “sei davvero in gamba”.

8

L’utilizzo di termini non pienamente rispettosi da parte di persone appartenenti a gruppi a rischio di stigma non giustifica l’utilizzo di quei termini, tanto meno da parte di persone esterne a quel gruppo. Se un termine può discriminare, non importa chi lo utilizzi, non va usato.

Tratto da Le parole giuste – media e persone con disabilità

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